I colori dell’anima

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di Christian Sanna

In una suggestiva scena del film I colori dell’anima Jane chiede a Modì come mai non le abbia dipinto gli occhi, il pittore italiano risponde: “Ero troppo lontano non li vedevo. Devo conoscere la tua anima per dipingerli”. Il mistero degli occhi vuoti delle figure femminili che Modigliani rappresentò sulla tela non può essere completamente risolto con la frase ad effetto sull’anima, non è escluso che ci sia dell’altro.

Perchè la scelta pittorica di quel collo lungo ed affusolato e soprattutto di quegli occhi senza le pupille? E’ probabile che a braccetto col cruccio dell’artista sull’incapacità di rappresentare l’anima di una donna sulla tela ci sia anche un’altra difficoltà legata alla comunicazione col gentil sesso. Amava le donne, ne esaltava armonie di seni e cosce, ne decantava flessuosità e sensualità, ma a priori non si può escludere che in lui ci fosse una sorta di “timore” nei confronti di quelle splendide creature che ne accendevano una sfrenata passione. A scuola insegnano a scrivere e a leggere i libri, a nessuno è mai venuto in mente di insegnare a leggere gli occhi delle persone.

C’è questa vecchia storiella che li vede come lo specchio dell’anima, mal che vada come finestre che affacciano sull’anima. Neri azzurri castani verdi eterocromatici cangianti, gli occhi sono la parte del corpo più idealizzata, mitizzata. Nel linguaggio amoroso iniziale, quando la dopamina funziona bene agli albori di una relazione e quindi si è scemi insieme, ai nomignoli con cui l’uno si rivolge all’altra si affianca un rosario di metafore agghiaccianti se valutate con un pizzico di raziocinio. In quei casi un paio di occhi castani richiamano il colore delle nocciole e l’intensità dello sguardo ci fornisce l’assist per la suggestione del sapore; le guardi gli occhi e vedi le nocciole e ti sembra di sentirne il profumo ed avvertirne il sapore.

Per non parlare degli occhi azzurri come il cielo o il mare, chiamati ad essere biglietti da visita per l’immensità che legandosi all’eterno, porta nei pensieri degli innamorati a considerare l’incrocio degli sguardi mentre ci si dichiara amore reciproco, il logico preludio a qualcosa di infinito. Investiamo gli occhi di troppe responsabilità e non ci curiamo se hanno spalle larghe per sostenerle, così anche quando, presi dentro la rete dei capelli di una psicologia mordi e fuggi, ci ritroviamo a sentenziare: “Non era sincero, durante la conversazione non mi guardava negli occhi”, con buona pace di timidezze ed insicurezze. Ne abbiamo per tutti, sputiamo giudizi su ogni cosa e solo perchè abbiamo letto due o tre manuali di psicologia pensiamo di sapere ogni cosa sul mistero della mente umana. Siamo più che poveri, siamo miserabili nell’animo e nel buon senso con una sensibilità da sfoggiare solo perchè esteticamente bella, ma che non funziona. Abbiamo letto gli oroscopi e gli editoriali sul campionato di seria A, ci manca la visione.

La capacità di guardare oltre la siepe e di orientarci nel labirinto della complessità umana. Li abbiamo guardati gli occhi talvolta ammirandoli, esagerando nei momenti in cui presi da un’infatuazione ci abbiamo visto solo il sogno che abbiamo desiderato ed immaginato. Perchè amore ed odio sono allucinazioni, abbagli. In qualche modo distorsioni della realtà. Non abbiamo imparato ancora a leggere gli occhi e non impareremo mai, perchè ci siamo destinati a ripetere sempre gli stessi errori e a condannarci alle medesime mancanze.

Qui la funzione del plurale maiestatis vuole essere una esasperanzione del concetto; è lecito aspettarsi da un oculista, un ottico o semplicemente da un attento e sensibile osservatore una lettura senza errori degli occhi. Calo le palbebre di questo articoletto dove ci può essere miopia, ma non cecità e la butto sul romanticismo. Se fossi davvero innamorato di una sola, l’unica. Se sentissi che è quella giusta, prendendo in prestito le parole di Neruda, la guarderei negli occhi come fosse la prima volta che vedo la primavera ed i ciliegi in fiore, poi le direi: “Alla fine, ai miei occhi eri destinata”.

Provo a descrivermi in una frase, ma è un pò come rinchiudere il mare in un bicchiere. Allora potrei definirmi "Un solitudinista visionario animale sociale ed un cercatore di spiritualità, tutto occhi ed inquietudine, perdutamente innamorato dell'Idea che non è ancora riuscito ad afferrare, col cuore di cristallo. Fregato dai sentimenti". Ritengo superfluo aggiungere i titoli di studio conseguiti, i lavori svolti, gli eventi culturali organizzati e presentati, gli impegni nella politica e nel sociale. E se a qualcuno sta balenando in mente l'idea ( sbagliata) che io possa essere un insopportabile presuntuoso, sappia che è appena caduto nella rete che ho preparato. Io voglio che a parlare per me siano gli articoli; i lettori più attenti ci troveranno frammenti d'anima.