“The Game”: martedi 16 Maggio il mentalista Francesco Tesei al Teatro Augusteo.

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Si terrà martedi 16 Maggio al Teatro Augusteo di Napoli l’ultima tappa di questa stagione teatrale di “The Game”, lo spettacolo di Francesco Tesei che ha visto il tutto esaurito nelle sale di tutta Italia.

Regista, musicista,  illusionista, grafico ed esperto di comunicazione, Francesco Tesei comincia molto presto a lavorare nel campo delle arti visive. A 21 anni viene ingaggiato da una delle compagnie di crociere leader in Europa ed è, con il suo one-man show, l’artista più giovane dell’intera compagnia. Sin dai primi anni novanta
inizia a girare per oltre 30 Paesi in tutto il mondo con i suoi spettacoli, per poi riavvicinarsi ai canali “ufficiali” della magia italiana che abbandona dopo diversi anni per
dedicarsi agli studi sul mentalismo e  cominciare ad esplorare forme più “intime” di spettacolo.

E’ definito, ad oggi, come il più grande mentalista italiano dei nostri tempi. In occasione della messa in scena di “The  Game” a Napoli, abbiamo avuto il piacere e il privilegio di intervistare Francesco Tesei e provare a porgli qualche domanda per capirne di più su mentalismo e dintorni.

Francesco, chi è esattamente un mentalista?

Wow, è una domanda che non mi ha mai fatto nessuno, sai? Provo a sintetizzartelo con una immagine: prendi un illusionista, uno psicologo, ed un esperto di comunicazione,  mettili insieme in un frullatore aggiungendo un po’ di alcool…frulla il tutto e alla fine uscirà fuori un mentalista!

Per darti una idea concreta di ciò che faccio, posso affermare che io sto un piede nel mondo dell’illusionismo e con un altro nel mondo della magia: la differenza non sta tanto nel come, ma nel “cosa”, cioè di quali temi parliamo e che argomenti affrontiamo. Un mago parla di un mondo di fiaba dove gli elefanti possono volare, le donne appaiono e scompaiono e i conigli escono fuori dai cappelli, a me invece piacere andare a puntare l’indice su temi e questioni più concreti, più reali. Parliamo sempre e comunque di qualcosa di invisibile, come i nostri pensieri, che in fin dei conti plasmano tutto il nostro essere, i nostri comportamenti e le nostre azioni.

Quanto c’entra quello che fai con la magia?

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Io ho fatto per anni l’illusionista, ho girato il mondo facendo il mago per mestiere, ad un certo punto però il tipo di spettacolo che un mago può proporre ha cominciato a starmi un po’ stretto e mi sono appassionato alla psicologia e, soprattutto, alla comunicazione e in generale ad un approccio della realtà che mette al centro i nostri pensieri, che plasmano quelli che sono i significati che noi diamo alle cose che ci accadono intorno. Ho deciso allora di intraprendere un percorso di studi personale perché cercavo una quadra tra il piacere di continuare a stupire le persone ed uno spettacolo che avesse delle chiavi di letture più profonde rispetto al semplice effetto speciale della magia.

Possiamo pensare al mentalismo come ad una scienza? E tu…sei uno scienziato?

Sono contento di questa domanda, cosi mi dai l’opportunità di spiegare che il mentalismo non è una scienza, ma piuttosto una forma d’arte spettacolarizzata, anche a livelli che oserei definire estremi. A differenza di uno scienziato che deve, per natura, essere rigoroso e muoversi di verità in verità, io mi ritengo libero da regole precise e possono anche ricorrere agli escamotage tipici degli illusionisti, ma il mio obiettivo è lasciare qualcosa al di là della pura illusione scenica. E’ come quando qualcuno va a vedere un film pieno di effetti speciali. Il punto è: “al di là di tutto, cosa mi lascia questo film? La storia che mi racconta, per quanto fantascientifica, contiene al suo interno delle dinamiche di rapporti tra i personaggi che posso tradurre ed applicare nella mia vita quotidiana anche se non ci sono le astronavi che volano?” Magari…anche si!

Dunque, Francesco, tu sei anche un motivatore?

La motivazione è un campo molto interessante nell’ambito del mio lavoro, oltre agli spettacoli vengo chiamato spesso dalle aziende, soprattutto quelle più attente alla comunicazione, i cui dirigenti decodificano il mio lavoro che possiede spesso, al di là del momento di divertimento, dei forti contenuti di carattere motivazionale.

Quanto è conosciuto in Italia il mentalismo? E quanto pensi che potrà esserlo?

L’Italia è ancora molto indietro quanto alla conoscenza del mentalismo, sicuramente paesi come l’Inghilterra esponenti come Derren Brown. A differenza della PNL che, a mio avviso, è poi anche diventata troppo commerciale- pensiamo a quella serie di libri del tipo “ Fai tutto quello che ti pare in 7 minuti grazie alla PNL”- il mentalismo, nel nostro paese come un po ovunque, non sarà mai pop o main- stream, resta una cosa di nicchia che proprio per questo ha il suo fascino.


360005_0_0Quale è il tema principale di “The Game”?

Questo spettacolo ha come tema LA FORTUNA, che vogliamo interpretare in chiave psicologica, perché scoprire non tanto come funziona lei, ma come funzioniamo noi in rapporto a lei, come funzioniamo noi nelle nostre prospettive e percezioni anche di quella cosa che consideriamo cosi estranea da noi e cosi fuori da ogni controllo.

Lo spettacolo ha come primo obiettivo divertire il pubblico ed emozionarlo, piacere di meravigliare le persone e lasciarle a bocca aperta, ma tra una suggestione ed un’altra, tra un momento di meraviglia e di stupore, si possono scorgere piccoli riferimenti ai meccanismi della mente e il mio obiettivo è lanciare provocazioni che si traducono in riflessioni che ognuno si porta a casa e su cui può lavorare.

Quanto è importante per te il rapporto con il pubblico?

E’ semplicemente fondamentale. La peculiarità dei miei spettacoli sta nella interattività con il pubblico. Mi piace chiamare le persone sul palco, renderle protagoniste e farle giocare con me. Nello scrivere i testi  cerchiamo di costruire un percorso tale che quando il pubblico esce dalla sala, dopo a fine serata si senta motivato, gasato, ottimista e deve avere ricevuto una iniezione di positività. In particolare in questo spettacolo il pubblico è stato coinvolto, attraverso un sondaggio sui social network, nella fase di costruzione e di scrittura del canovaccio da proporre. Durante lo spettacolo – non vi svelo troppo altrimenti non lo venite a vedere- il pubblico è chiamato a scegliere una parola tra un gruppo di parole proiettate nello schermo (le parole proiettate sono  state a loro volta scelte tra quelle più gettonate nel sondaggio).

Ora te le chiedo io tre parole per definire il tuo spettacolo.

Fammi pensare, non è semplice. Allora…mi mordo la lingua ma questa prima parole ci vuole: “ magico”, penso ad esempio alla magia del cinema o a qualcosa che ti lascia a bocca aperta. Divertente, perché si ride tanto e, ovviamente, imprevedibile.

Ok, verrò a vederti. Mi hai convinta. Ma prima di salutarci: mi dai tre numeri da giocare al lotto?

Hai colto nel segno. Comincio il mio spettacolo dicendo proprio che non posso prevedere numeri perch+ il mentalismo non c’entra nulla con una macchina che tira fuori numeri a caso. Non è detta però l’ultima parola, perché se potessimo rendere la lotteria un po’ più “umana”, magari attraverso scelte personali e soggettive piuttosto che scelte automatiche, diventerebbe tutto molto più interessante.

Classe ’85, una laurea specialistica in Economia e gestione delle imprese nel cassetto e un tesserino da giornalista pubblicista nel portafogli. Permalosa e testarda, non perde occasione per “fare polemica” ed è definita dai suoi amici come una “presenza che si fa sentire, una che pensa una cosa e ne fa cento”. Cattolica, appassionata di musica e libri, adora stare in mezzo alla gente. Si è avvicinata al giornalismo nel 2008 quasi per caso e da allora non lo ha più lasciato: scriverebbe sempre (se solo glielo lasciassero fare!). Ha una insana passione per la politica e per il territorio in cui vive.